Una distorsione cognitiva con la quale abbiamo a che fare tutti i giorni è l’apofenia, ossia quel bias che ci porta a creare correlazioni inesistenti. Con il termine “apofenia” (dal greco apo, cioè “via da” e phainein, “mostrare, far vedere”, anche se la seconda parte del termine potrebbe essere phren, “mente”) si intende infatti la percezione spontanea di connessioni significative tra fenomeni che non hanno alcuna relazione tra loro.

Si tratta in realtà di una particolare forma di pareidolia che spinge il cervello umano a “ordinare” tra loro non tanto forme e schemi visivi, bensì accadimenti e situazioni; a coniare il termine è stato lo psichiatra tedesco Klaus CONRAD nel 1958.

Il cervello umano tende in sostanza a creare correlazioni inesistenti, ossia ad assimilare eventi che possano apparire in rapporto di causa ed effetto per il fatto che accadono in modo consequenziale o con la stessa cadenza, oppure a individuare pattern significativi non veri per il solo fatto che l’intuito ci suggerisce che esistano.

Perché l’apofenia aiuta la sopravvivenza?

E’ chiara la sua funzione in termini evolutivi: la capacità di individuare rapporti di causa ed effetto tra gli accadimenti è estremamente funzionale alla sopravvivenza, perché ci permette di prevedere gli eventi (un ruggito può significare l’arrivo di un predatore, un fulmine l’arrivo della pioggia, un cattivo sapore la probabile non commestibilità di ciò che sto assaggiando, ecc…). Una simile opportunità è perciò fondamentale allo stato di natura in cui generalmente mancano le nozioni per comprendere davvero un fenomeno, e per questo il cervello cerca costantemente di individuare queste correlazioni tra gli eventi cui assiste per poter creare degli schemi di riferimento da utilizzare come paradigmi per interpretare la realtà e la natura circostante.

Una tendenza che permane tutt’oggi nella mente di ognuno di noi e di cui non ci accorgiamo affatto, in quanto legata al nostro istinto naturale; ma proprio al giorno d’oggi diventa una distorsione cognitiva profondamente deviante, capace di indurci a ragionamenti completamente errati.

Apofenia: l’esempio del gioco d’azzardo

Un esempio tipico è il gioco d’azzardo: se vi è mai capitato di andare al casinò a giocare alla roulette, avrete sicuramente elaborato degli “schemi” nelle uscite dei numeri nella convinzione di aver individuato una qualche sequenza nelle stesse.

Il più comune è la tendenza a puntare sempre più forte su uno dei due colori dopo che, per più mani, è uscito sempre l’altro: se infatti per numerosi lanci di pallina consecutivi è uscito rosso, il nostro cervello ci suggerirà che le probabilità che esca nero al tiro successivo siano aumentate, perché collega le precedenti mani con quella sulla quale state per puntare. Ma si tratta di una correlazione errata, poiché dal punto di vista statistico e probabilistico ogni tiro di pallina è assolutamente indipendente dai precedenti, e pertanto ogni volta che la pallina gira intorno alla roulette le probabilità che esca nero (o rosso) sono sempre del 50%.

Questo accade perché il cervello, di fronte a dati che sembrano assimilabili, tenderà effettivamente ad assimilarli per dare un ordine alla realtà circostante e permetterci di interpretarla; un sistema che non sempre porta a deduzioni corrette proprio per l’impossibilità del Sistema 1 di verificare empiricamente quelle correlazioni; se sembra che sussistano, allora vengono date per scontate perché poter basarsi su uno schema è più utile che ammettere di non poterne trovare uno.

Esempi di correlazioni apparenti

La dimostrazione che spesso le correlazioni apparenti non hanno alcuna valenza può essere dato da una serie di grafici frutto di un divertente studio sull’argomento, che ha messo insieme la frequenza di alcuni accadimenti completamente slegati tra loro ma che, guardandoli acriticamente, appaiono davvero fortemente dipendenti l’uno dall’altro. Ne riporto alcuni.

Come visto, basarsi unicamente sulle correlazioni apparenti può portare a conclusioni e deduzioni completamente errate, e ciò  contribuisce a radicare nel nostro cervello convinzioni e pregiudizi privi di fondamento, tra i quali tutti quelli che stanno alla base delle più strampalate teorie che troviamo oggi sul web: pensate alla correlazione tra vaccini e autismo, che ci induce a mettere le due cose in rapporto causa effetto per il solo fatto che il secondo si manifesti dopo i primi; non esistono studi seri che confermino questa correlazione, ma il nostro cervello tende a crearla, radicandola tra i nostri schemi mentali in quanto correlazione “plausibile”, seppur smentita alla prova del metodo scientifico.

Nello stesso senso, anche la convinzione che l’11 settembre fosse stato un complotto americano per il fatto che gli USA “avessero interessi” a invadere l’Afghanistan costituisce in realtà una forma di apofenia, finalizzata a consolidare uno schema plausibile (quello del complotto) sulla base di un rapporto causa-effetto assolutamente apparente e non dimostrato in alcun modo: gli interessi degli USA non sono ovviamente sufficienti a suffragare quella correlazione, che necessita invece di ulteriori prove a sostegno; ma il nostro Sistema 1 non solo non si cura di questo aspetto, ma finisce per dare quella correlazione come scontata fino a diventare addirittura prova dell’esistenza del complotto.

Il potere dell’apofenia nel creare schemi

Come visto, l’apofenia e quindi la capacità intuitiva di creare correlazioni inesistenti gioca un ruolo chiave nelle teorie complottiste e pseudoscientifiche, soprattutto in chi non ha competenze specifiche in quelle materie e quindi manca degli elementi necessari per poter rilevare la fallacia di quelle correlazioni. E si tratta di una distorsione che agisce sull’intuito e che, per questo, può colpire ognuno di noi su un qualunque argomento che non conosciamo a sufficienza.

L’apofenia è poi molto potente perché capace di creare automaticamente uno schema, che inconsciamente il nostro cervello archivia tra i suoi file e riesuma, istintivamente, ogni volta che ci si trova a dover interpretare o valutare qualcosa che riguardi quell’argomento; in tal senso, lo schema tenderà ad autoconfermarsi per via del bias di conferma e ad essere usato come parametro di interpretazione di ciò che lo riguarda, attraverso l’effetto ancoraggio.

Imparare a riconoscerla è quindi un passo essenziale per uscire dalla logica del pregiudizio.

P.T.