L’essere umano ha un solo obiettivo primordiale: sopravvivere.

Per questo, la natura gli ha fornito degli strumenti per poter raggiungere quel risultato, ed in particolare uno: il cervello.

Per poter sopravvivere, è necessario che l’essere umano impari a comprendere la realtà che ha intorno, riconoscendo i pericoli, distinguendo ciò che è commestibile da ciò che non lo è, imparando a individuare il rapporto causa-effetto tra gli accadimenti cui assiste così da riuscire a prevederli. Si tratta di operazioni per svolgere le quali entra in funzione il nostro cervello primordiale, che utilizza le sue sinapsi per creare quei collegamenti e quelle distinzioni e permetterci di prevedere, comprendere e in una certa misura controllare ciò che lo circonda.

Tuttavia, il nostro cervello primordiale si fonda sull’istinto e non sui metodi  scientifici: esso non fa altro che cercare incessantemente di individuare schemi, relazioni, correlazioni e significati comprensibili a ciò che gli accade intorno secondo dinamiche meccaniche e istintive, per associazione di idee più che per verifiche razionali. Questo per l’ovvia ragione per cui l’essere umano allo stato di natura non ha a disposizione tutte le conoscenze necessarie per interpretare la realtà, ma ha comunque la necessità di farlo.


l’essere umano allo stato di natura non ha a disposizione tutte le conoscenze necessarie per interpretare la realtà, ma ha comunque la necessità di farlo.

Questa tendenza è definita, da Michael Shermer, “schemismo”, ponendo appunto l’accento sul continuo tentativo di creare schemi e correlazioni per aiutarci a sopravvivere.

Spesso, infatti, questo si rivela utile: sono questi schemi, ad esempio, a suggerirci che buttarsi dal quinto piano di un palazzo non sia una buona idea, anche senza dover fare una “verifica sperimentale” dell’ipotesi per poter giungere a una soluzione corretta.

Tuttavia, spesso questo meccanismo si rivela al contrario fallace. Mancando completamente di conoscenze scientifiche, acquisibili solo attraverso uno studio razionale e un approccio critico e metodologico alle situazioni (come si fa ad esempio attraverso il metodo scientifico), le correlazioni e le associazioni di idee che il nostro cervello mette in atto non sempre corrispondono alla realtà dei fatti. Per questo, spesso l’essere umano tende a creare schemi e correlazioni istintive che si rivelano false alla prova della scienza. Trattandosi però di dinamiche del tutto istintive, che il cervello usa senza che neppure ce ne rendiamo conto (e che in molti casi utilizzano anche gli animali), queste si radicano nel nostro approccio alla realtà e nel nostro modo di interpretarla, instillando nella nostra visione del mondo tutta una serie di pregiudizi (attraverso ibias cognitivi) che alterano spesso radicalmente la percezione del reale.

E’ per questo motivo che si sviluppano le credenze e le teorie antiscientifiche, ed è per questo che esse resistono nel tempo ai vari tentativi di confutazione e alle prove empiriche che ne confutano gli assunti.

Queste “distorsioni cognitive”, che troverete meglio spiegate nei vari articoli di questa sezione, sono la principale se non unica causa dei problemi socio-culturali cui ci troviamo oggi di fronte e che tratto in questo blog: sono le distorsioni cognitive a sviluppare le credenze, a rafforzare l’analfabetismo funzionale, ad ostacolare una concreta consapevolezza delle proprie competenze (effetto Dunning-Kruger e tendenza alla semplificazione, anch’esse vere e proprie distorsioni cognitive), a diffondere teorie antiscientifiche e complottistiche prive di riscontri empirici e a complicare la capacità di verificare fonti e notizie, favorendo la diffusione di fake news e aumentando il divario tra percezione e realtà che ci spinge a favorire determinate scelte politico-sociali ad altre, conseguenze di cui la stessa politica approfitta per orientare i consensi e manipolare l’opinione pubblica.

Pertanto, imparare a riconoscere queste dinamiche, ad arginare i pregiudizi e ad andare oltre il nostro cervello primitivo e la percezione della realtà che questo ci induce ad avere, per riuscire a fare “tabula rasa” dei propri preconcetti e deduzioni istintive per favorire un approccio razionale e scientifico ai problemi che si presentano di fronte a noi, è un passo irrinunciabile per sperare di elevarsi al di sopra delle imperfezioni del nostro cervello e arrivare ad una conoscenza autentica.

E’ un problema che ci affligge tutti e nessuno deve avere la presunzione di non esserne influenzato o avere la pretesa che le sue idee, deduzioni e percezioni siano per forza corrette: che il cervello sbagli è assolutamente normale.

Come diceva Stephen Hawkings,

il vero nemico della conoscenza non è l’ignoranza, ma l’illusione della conoscenza”.

P.T.