Oggi voglio occuparmi di un argomento molto alla ribalta dell’opinione pubblica e che molti tirano fuori sempre più spesso, anche sulla mia pagina Facebook, quando ci si ritrova di fronte al dilagare dell’ignoranza e dell’analfabetismo funzionale: è giusto abolire il suffragio universale?

In tanti auspicano un mondo in cui la tessera elettorale è consegnata solo a seguito di un test di cultura o dietro esibizione dei risultati del test Q.I., o ancora solo a seguito di un diploma di laurea.

In effetti, nella mia attività di debunking ne ho viste di tutti i colori e ho discusso con soggetti ai quali prima ancora della tessera elettorale bisognerebbe proprio togliere da intorno qualunque cosa che possa arrecare danno a terzi, come si fa coi bambini; nonostante questo, però, io sono profondamente contrario ad una forma di democrazia “limitata” in cui solo alcuni possono votare e altri no.

Sebbene questa mia affermazione possa sembrarvi incoerente con il lavoro che svolgo sui social, ne approfitto per spiegarvi le mie ragioni, che sono essenzialmente due.

1. Chi controlla il controllore?

In primo luogo, l’idea di abolire il suffragio universale dovrebbe comportare una sorta di test da far svolgere ai soggetti che vogliono richiedere la tessera elettorale, il cui esito conceda il diritto al voto o lo neghi. Questa impostazione si porta dietro almeno due ordini di problemi.

Il primo è: che tipo di test? Un test di logica, di cultura generale, nozionistico, o un esame di diritto, di scienze politiche, di economia? O magari un mix di tutti i precedenti? Se ci pensate, non è semplice stabilire quali competenze esattamente dovrebbe avere un soggetto per poter avere il diritto di voto, ed anzi quelle competenze sono invero innumerevoli e non è affatto detto che tutti le possiedano completamente. Del resto, nemmeno voi che leggete e che supportate questa soluzione sareste in grado di passare tutti i test necessari.Supponiamo però che in qualche modo si riesca a delineare un test adeguato a verificare queste capacità; anche in questo caso andremo incontro al secondo problema: Chi corregge questi test? Chi stabilisce il voto o la graduatoria? Chi avrebbe cioè di fatto il potere di stabilire chi debba votare e chi no?

Di fronte ad un problema così delicato come tracciare una simile linea di demarcazione, non credo sia il caso di essere così ingenui da non pensare che coloro ai quali sarebbe attribuito un simile ruolo avrebbero un potere gigantesco, capace di influenzare i risultati elettorali ancora di più dei comizi dei politici. Quel manipolo di persone potrebbe anzi fare da ago della bilancia della politica e stabilire preliminarmente quale fazione far vincere e quale no, semplicemente inibendo il voto a qualcuno piuttosto che a un altro.

Non solo, ma non oserei neppure immaginare – a maggior ragione in Italia – il giro di corruzione, mafia e clienteralismo che si diffonderebbe a macchia d’olio intorno a quei soggetti, che avrebbero di fatto in mano le redini della politica.

Quindi, per quanto sulla carta possa sembrare una soluzione apprezzabile, nella pratica si rivelerebbe certamente una scelta scellerata.

2. Il problema non è semplicemente l’ignoranza

In secondo luogo, come ho già avuto modo di ripetere più volte, prendersela unicamente contro l’ignoranza e la mancanza di cultura mi sembra un modo molto miope di risolvere la situazione, anche in questo caso per almeno due ordini di ragioni.

La prima è che, come accennato al punto precedente, sarebbe da definire il concetto di ignoranza. Non riferendoci unicamente agli analfabeti tout court (i soggetti di cui ci scandalizziamo sono persone che scrivono sui social, e pure troppo) resta da capire quale sia il livello di cultura tale da potersi definire “abilitato a votare”. Chi non ha finito le elementari lo escludiamo dal voto? Bene. E uno con tre lauree in medicina, invece, lo facciamo votare? Ok. Ma dove sta scritto che tre lauree in medicina conferiscano le conoscenze per prendere decisioni di carattere sociale per tutti in materie che non gli appartengono come la legge, l’economia, la finanza internazionale, la previdenza, ecc…?

Per poter svolgere al meglio l’attività politica e prendere decisioni “giuste” non serve una cultura generale, ma conoscenze specifiche nei singoli campi; conoscenze che coprono i più svariati settori, dalla medicina (vedi l’obbligo vaccinale) al diritto penale (vedi la riforma del processo penale o della legittima difesa), al diritto del lavoro e della previdenza (vedi il reddito di cittadinanza o la gestione delle pensioni), al diritto internazionale (vedi la questione migratoria), all’arte della guerra, alla diplomazia, al diritto industriale, tributario, ecc…

Pertanto, è impossibile presumere che esista gente capace di conoscere tutte queste materie e ancor più improbabile è riuscire a dedurre il possesso di tali competenze semplicemente a fronte di una laurea qualunque. Insomma: se davvero volessimo permettere di votare solo a chi ha tutte le competenze per farlo, allora nessuno dovrebbe avere il diritto di voto.

Ma è la seconda ragione quella che mi preme più di tutte: non solo non esiste nessuno che sia davvero competente su tutti questi argomenti, ma soprattutto non esiste nessuno che, solo perché ha una certa cultura, sia in automatico capace di sfuggire a quelle istanze irrazionali, emotive e a quei bias e pregiudizi che la politica sfrutta per macinare consensi attraverso la manipolazione dell’opinione pubblica.

Certo, l’ignoranza facilita molto il lavoro dei manipolatori, ma purtroppo – e possiamo constatarlo tutti i giorni – non sono solo gli analfabeti ad essere manipolati, ma anche gente laureata e rispettabilissima. Questo perché i bias del nostro sistema intuitivo colpiscono tutti a prescindere dalla sua cultura o dal nostro campo di appartenenza, perché nessuno è esperto di tutto e di conseguenza nessuno è davvero in grado di attivare competenza e riflessione su ogni singolo argomento alla ribalta dell’opinione pubblica.

Un medico è esperto di vaccini, non di flussi migratori

Poniamo un medico serio, con una laurea a pieni voti, qualche master e decine di anni di esperienza sul campo; certamente, grazie alle sue competenze sarebbe perfettamente in grado di non farsi influenzare dall’ondata no vax e dall’appoggio che questa riceve da una certa parte politica, perché quella è la sua materia, ne conosce gli elementi e quindi è perfettamente in grado di verificare da solo, col suo sistema razionale, le assurdità che professano i politici quando dicono che “10 vacicni sono troppi“.

Ma la sua laurea in medicina non gli servirà a nulla quando dovrà invece valutare se è vero che c’è un’invasione dall’Africa, che i migranti ci rubano il lavoro e ci stuprano le figlie, che tutti gli immigrati sono criminali e c’è in corso un piano di invasione silenziosa dell’Europa che va fermato ad ogni costo chiudendo i porti. Non gli servirà a nulla perché a medicina non si studiano queste cose.

Di conseguenza, anche il medico pluripremiato di fronte ad una materia totalmente avulsa dalla sua non potrà farsi un’idea in base alle sue competenze (che non ha) ma solo sulla base delle informazioni che riceve dai media e dalla politica.

E di fronte ad un bombardamento informativo che parla solo di sbarchi, stupri, omicidi, invasione e soldi dati ai migranti, anche il medico non potrà fare altro che attivare il sistema WYSIATI e giudicare sulla sola base delle informazioni che possiede, illudendosi che siano le uniche possibili. Giudicherà cioè con l’intuito e non con la conoscenza, finendo per fare gli stessi errori che fanno quotidianamente altri meno “acculturati” di lui.

Insomma: anche il medico rinomato, su una materia che non conosce, è un analfabeta funzionale.

Non abolire il suffragio universale, ma cambiare la democrazia

Per queste ragioni io sono fortemente contrario all’abolizione del suffragio universale in favore di un “diritto di voto limitato“. Ciò non toglie che, come molti di voi, sono perfettamente consapevole dei danni che l’analfabetismo funzionale, l’ignoranza e il Dunning Kruger Effect stanno causando in una società super interattiva e interconnessa dove ognuno può esprimere la sua opinione, diffonderla e tradurla in una scelta politica. E anche di come da queste dinamiche la politica stessa (soprattutto quella “populista”) abbia imparato a ricavarne enormi vantaggi in termini elettorali.

Ma se il diritto di voto non va limitato, come possiamo risolvere il problema?

La mia idea è che sia necessario cambiare prospettiva e farsi la domanda giusta: non chiedersi “chi può votare e chi no” perché, come ho provato a spiegare, questa domanda non ha senso ed è anzi pericolosa; dobbiamo piuttosto chiederci “cosa il cittadino possa scegliere e cosa no“.

Bisogna cioè prendere atto che la democrazia ha un limite, che è quello di non distinguere quali materie sia diritto e interesse del cittadino decidere, e quali invece sia interesse dello stesso cittadino lasciare che siano altri a decidere per lui, in base a competenze specifiche. L’ossessione per la rappresentatività, infatti, ha ormai fatto passare completamente in secondo piano l’esigenza di competenza nelle decisioni.

Esprimere la mia intera idea di democrazia in un solo articolo del mio blog è davvero limitante e in questa sede era mia intenzione solamente fornire uno spunto di riflessione.

Sull’argomento, però, ho da alcuni anni ultimato un saggio, nel quale ho provato ad esporre una nuova idea di democrazia che cambi le società occidentali dalle fondamenta, senza però stravolgere i pilastri democratici di cui siamo giustamente tanto fieri e gelosi, compreso il suffragio universale.

L’ho chiamato “Oltre la democrazia” e mi auguro che presto potrete trovarlo in formato scaricabile direttamente dal mio blog.

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P.T.