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Con il primo esempio di divario tra percezione e realtà, ragioneremo su femminicidio e etnia dell’assassino, cercando di verificare se effettivamente l’immigrazione clandestina abbia un’incidenza (e di che portata) sugli omicidi e le violenze ai danni delle donne.

Le statistiche sul femminicidio

Un’analisi dell’ISTAT condotta insieme al Ministero della Giustizia ci offre un primo spunto per ragionare sul divario tra percezione e realtà e sul ruolo della manipolazione dell’opinione pubblica nell’aumentarlo.
In questo clima di paura e tensione dovuta all’immigrazione, tema che la fa da padrone sui media e sui social e che costituisce la priorità assoluta del Governo attuale, tutti noi siamo allarmati per l’escalation di violenza che percepiamo dalle notizie che riceviamo dai principali canali di informazione.

In particolare, la violenza sulle donne è certamente un tema particolarmente sensibile. Uno dei motivi per cui ci opponiamo agli sbarchi, infatti, è anche la paura che questi soggetti, di una cultura “barbara e arretrata” e con costumi lontani dai nostri, contribuiscano in maniera sostanziale ad aumentare i casi di violenza e omicidio ai danni delle nostre donne.

I dati statistici, però, ci mostrano un’emergenza sicurezza di tutt’altro tipo. Nell’invitarvi a leggere con attenzione lo studio in questione, linkato qui, soffermerei l’analisi su alcuni dati significativi: negli ultimi 5 anni considerati (2012-2016) in Italia sono state uccise 774 donne, 77% delle quali italiane e 23% delle quali straniere. Di tutte queste, l’82% è stata ammazzata in casa dal proprio compagno. Si tratta cioè di circa 635 donne su 774.

Di che nazionalità erano i carnefici? Dal grafico che trovate sempre nel link, emerge che il 74,5% degli assassini era italiano, l’11,8% est europeo e appena il 6,2% nordafricano. Quindi, su 635 donne totali, 473 sono state ammazzate da un compagno italiano, 76 da un compagno est europeo e appena 39 da un compagno nordafricano (e dovete considerare, incrociando i grafici, che la metà di quelle 39 sono vittime nordafricane, non italiane). Questo significa che su 774 femminicidi, le vittime italiane uccise da un immigrato africano sono circa 20. Il 2,5%.

Questi dati, visti senza il filtro dello spauracchio dell’immigrazione che ci impedisce un’analisi neutrale, ci mostrano una realtà evidente: in Italia in tema di sicurezza esiste un’emergenza di carattere culturale, ossia la convinzione troppo diffusa che le donne siano oggetti di nostra proprietà, sulle quali abbiamo diritto di vita e di morte. Una convinzione “barbara e arretrata” che personalmente trovo assurdo sia ancora così diffusa nel 2019 in una nazione civile.

Come incide la percezione sulla politica

Ma cosa c’entra la relazione tra femminicidio e etnia dell’assassino con il problema immigrazione? C’entra nello stabilire le priorità per la nostra sicurezza.

Un’opinione pubblica davvero informata e interessata alla tutela della sicurezza delle donne dovrebbe infatti premere per aprire dibattiti e valutazioni su questo grave problema, da cui derivano non solo quei femminicidi, ma anche lo stalking, le violenze verbali e fisiche, gli stupri e di riflesso la disparità tra uomo e donna nella vita, nella società e nel lavoro. Alimentandosi maggiormente l’opinione pubblica su questo argomento si potrebbe indurre la gente a parlarne con insistenza; la politica e la società a reagire; le istituzioni ad informare e a spingere sempre più donne a denunciare i loro uomini e le casse dello Stato ad investire maggiori risorse per aiutare le vittime.

Ma questo non accade perché l’opinione pubblica è indotta a concentrarsi su altre questioni, di fatto molto meno incidenti sulla sicurezza delle donne, alterando la nostra percezione dei pericoli. E quelle questioni influenzano la nostra percezione anche delle altre.

Come conseguenza di questo, molte donne hanno paura a camminare di fianco ad un uomo di colore la sera e vorrebbero che il Governo facesse qualcosa per farle sentire più sicure; poi, però, non hanno il coraggio di denunciare o lasciare i loro uomini (italiani) violenti e possessivi perché tendono a ritenere questo barbaro scempio una cosa “normale”, visto che non allarma più tanto la società. Non tanto quanto l’immigrazione, almeno. 

E i risultati sono quelli dati dalle statistiche: un problema grave viene pressoché ignorato e su un problema decisamente meno grave si sprecano gran parte delle energie e dei dibattiti.

E intanto le donne italiane continuano a morire per mano dei loro compagni, nella misura di una ogni due giorni.

P.T.