Vista l’enorme disinformazione sul tema, mi vedo costretto a fare un altro post sull’immigrazione, approfondendo la questione generale e spiegando meglio cosa siano gli accordi di Dublino, intorno ai quali ruota l’intera problematica. Come già detto, si parla troppo di immigrazione concentrandosi su temi del tutto irrilevanti o episodi singoli, con la assurda necessità di schierarsi da una parte o dall’altra – polarizzazione – e di difendere una delle due posizioni a prescindere, senza valutare la questione in modo asettico e rilevando quali siano i veri problemi e le possibili soluzioni senza farsi condizionare dalle convinzioni personali e da accadimenti sensazionalistici.

Perché la problematica esiste ed esiste anche la soluzione; ma nessuna delle due porta i rasta.

Premessa: migrare è il mestiere più antico del mondo

Partiamo però da un presupposto.

I flussi migratori sono un tratto fisiologico dell’evoluzione delle civiltà. Da quando esiste l’uomo esistono le migrazioni; tutte le popolazioni della storia si sono spostate alla ricerca di condizioni climatiche, geografiche, sociali, economiche e politiche più favorevoli.

accordi di Dublino

I primi uomini Sapiens si sono spostati dall’Africa all’Europa e all’Asia, creando i primordi della civiltà. Un impero antico come Cartagine è nato ed esistito solamente perché i fenici avevano colonizzato il nord Africa. L’Impero romano è crollato a causa delle migrazioni dei barbari dell’est, cedendo il posto ad un coacervo di popolazioni, culture e lingue che sono la base della nostra cultura odierna. Gengis Khan ha costretto milioni di persone a migrare verso l’Europa; gli Stati Uniti esistono perché una popolazione straniera ha affrontato il mare e ha colonizzato un continente meno evoluto. Oggi, che tutto ciò è ancora più semplice, chiunque non trovi prospettive a casa sua ha la possibilità di tentare la fortuna dove le condizioni sono migliori.

Questo fenomeno esiste da sempre e sempre esisterà. Non si può “fermare”, così come non si può far smettere di piovere. Non basta cioè dire a chi migra che non può venire o imporgli dei requisiti per farlo. Loro lo faranno, lo faranno lo stesso.

Non si può nemmeno analizzare la questione dal punto di vista “giusto-sbagliato”, ma da quello “evitabile-inevitabile”. E l’immigrazione è inevitabile.

Arrendetevi, questa è la realtà.

Detto questo, ciò non significa che bisogna subire il fenomeno senza fare qualcosa per gestirlo meglio, facendo in modo di limitare gli inevitabili danni che può produrre e si possano invece sfruttare al meglio le inevitabili opportunità che può creare.

Perché è la storia a dimostrare che l’immigrazione è un’arma a doppio taglio: ha tanti difetti, ma anche tanti pregi. Di solito, però, prima si manifestano i difetti, perché le ondate migratorie in prima battuta destabilizzano i sistemi sociali, economici e culturali del paese di destinazione che generalmente è impreparato a gestirle. E le incompatibilità culturali fanno il resto. E se vogliamo aggiungerci la mafia, che è sempre pronta quando c’è da sfruttare un mercato “emergente”, abbiamo un’ottica chiara della situazione. Ed è per questo che le migrazioni inizialmente sono sempre osteggiate e guardate con sospetto.

Cosa sono gli accordi di Dublino?

Per quanto sia un fenomeno irreversibile, qualcosa si può comunque fare per rendere la situazione più gestibile. Ma per capire cosa vada fatto dobbiamo partire dal presupposto esposto qui sopra e conoscere almeno in generale la situazione politica e giuridica sul tema. Soprattutto, bisognerebbe poi concentrare il dibattito su questi aspetti e non schierarsi a mo’ di tifo con il capitano o la capitana, perché in questo modo sviamo l’attenzione dal vero problema che dobbiamo affrontare, facendo il gioco di chi non lo vuole risolvere anche se ci schieriamo contro di lui.

L’attuale disciplina che regola l’ingresso e le procedure di gestione dei migranti in Europa è contenuta nei famigerati Accordi di Dublino, che costituiscono la principale causa della disparità di oneri e doveri in capo agli Stati UE. Ma cosa sono?

In realtà, gli accordi di Dublino hanno almeno tre fasi che è giusto conoscere, almeno in generale.

In primo luogo c’è la Convenzione di Dublino, che è un’elaborazione di principi generali cui gli Stati membri hanno deciso di sottostare per la determinazione della competenza a valutare lo status dei migranti e l’accoglienza nel Paese di approdo.

Sulla base di questa Convenzione, è stato poi stipulato il Regolamento di Dublino, che definisce la disciplina nei dettagli e che ha avuto due emanazioni successive: quella originaria del 2003 (R. 343/03 – approvato dal Governo Berlusconi con la Lega) e quello di 10 anni dopo (R. 604/13 – approvato dal Governo Renzi).

Insomma: se vogliamo incolpare qualcuno per l’esistenza di questi accordi e per la loro mancata modifica, oltre “all’Europa” dobbiamo prendercela anche con Berlusconi, Salvini, Renzi e pure il M5S, come stiamo per vedere.

Cosa dice questo Regolamento? Al di là delle due formulazioni, sostanzialmente il principio alla base è sempre lo stesso: ad occuparsi del soccorso, dell’accoglienza e della burocrazia per la concessione o meno dell’asilo o di altre forme di protezione deve essere lo Stato di primo approdo.

Un sistema piuttosto svantaggioso per i Paesi che stanno al confine, come possiamo facilmente intuire.

Cosa c’è scritto negli accordi di Dublino

Questa “regola” si evince in particolare da due disposizioni del Regolamento. Esso fornisce al Capo III tutta una serie di casi specifici in cui viene individuato lo Stato competente a ricevere la richiesta. Tuttavia, stabilisce anche un principio generale all’art. 3:

Gli Stati membri esaminano la domanda di asilo di un cittadino di un paese terzo presentata alla frontiera o nel rispettivo territorio.

Il fatto che la domanda sia presentata alla frontiera o nel rispettivo territorio, ci fa capire che, come principio generale, è competente il primo Paese in cui la domanda è presentata, che ovviamente è praticamente sempre quello di primo approdo.

Inoltre, l’art. 13 ribadisce questo concetto, quando in via residuale afferma che:

Quando lo Stato membro competente per l’esame della domanda d’asilo non può essere designato sulla base dei criteri enumerati nel presente regolamento, è competente il primo Stato membro nel quale la domanda è stata presentata.

Cosa succede a un migrante in base agli accordi di Dublino?

In soldoni funziona così. I migranti arrivano nel Paese X e la procedura di soccorso, accoglienza e conferimento della protezione è gestita dunque dal Paese X; in quella sede, viene analizzata la loro posizione e un giudice decide se hanno diritto ad ottenere una protezione internazionale (asilo politico, status di rifugiato, ecc…) oppure no. Insomma, per usare una dicotomia tanto diffusa di questi tempi, se “scappa da una guerra” o è un “migrante economico”.

Di conseguenza:

  • Se scappa da una guerra, ottiene uno degli status previsti dalla legge internazionale e di conseguenza viene smistato negli altri Paesi europei (compreso quello di approdo, chiaramente), e si tratta del 20-25% dei migranti;
  • Se è un migrante economico, non viene smistato ma per gli accordi di Dublino deve restare nel Paese di primo approdo, e se ne deve occupare quel Paese a sue spese (e si tratta del 75-80% dei migranti).

Infatti, sempre lo stesso Regolamento precisa, all’art. 16, che:

Lo Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo in forza del presente regolamento è tenuto a:

a) prendere in carico, alle condizioni specificate negli articoli da 17 a 19, il richiedente asilo che ha presentato domanda d’asilo in un altro Stato membro;

b) portare a termine l’esame della domanda d’asilo;

c) riprendere in carico, alle condizioni di cui all’articolo 20, il richiedente asilo la cui domanda è in corso d’esame e che si trova nel territorio di un altro Stato membro senza esserne stato autorizzato;

d) riprendere in carico, alle condizioni di cui all’articolo 20, il richiedente asilo che ha ritirato la sua domanda in corso d’esame e che ha presentato una domanda d’asilo in un altro Stato membro;

e) riprendere in carico, alle condizioni di cui all’articolo 20, il cittadino di un paese terzo del quale ha respinto la domanda e che si trova nel territorio di un altro Stato membro senza esserne stato autorizzato.

Perché gli altri Paesi ci rimandano indietro i migranti?

Ricordate le vicende al confine tra Italia e Francia, quando ci siamo indignati perché i francesi – che fanno tanto i moralisti – poi ci ricacciavano a pedate i migranti che tentavano di varcare il confine italo-francese? Ecco, stavano semplicemente facendo rispettare gli accordi di Dublino: quei migranti non avevano protezione internazionale; pertanto, per legge dovevano restare nel Paese di primo approdo (l’Italia) e per questo se tentavano di passare il confine la Francia glielo impediva.

Giusto, sbagliato? Non importa: è la legge. Quella che dobbiamo rispettare anche noi, quella che deve rispettare il migrante, quella che deve rispettare perfino Carola Rackete.

Dura lex, sed lex.

Le proposte di riforma degli accordi di Dublino

Ma la legge si può cambiare.

Principali rotte mediterranee

Ovviamente, gli accordi di Dublino hanno presto manifestato degli effetti – prevedibili – e creato due “schieramenti” in Europa: da un lato i Paesi mediterranei (Spagna, Italia, Malta e Grecia), ma anche l’Ungheria, per i quali l’accordo era particolarmente svantaggioso, visto che nella maggior parte dei casi il “Paese di primo approdo” sono proprio loro e quindi sono loro a farsi carico della maggior parte dei problemi. Dall’altro, abbiamo i Paesi “continentali” o lontani dal Mediterraneo, ai quali ovviamente questo accordo andava benissimo.

Tuttavia, le polemiche scatenate da questo accordo, soprattutto dopo la crisi siriana e ancor di più con la destabilizzazione libica, che ha aperto un corridoio incontrollato verso il continente, hanno costretto l’Europa a prendere in carico una richiesta di revisione di questi accordi, supportata chiaramente dai Paesi costieri; Italia (con la Lega in prima fila) compresa.

Le proposte sono state diverse, due più in particolare: quella “bulgara” più recente, discussa, votata e respinta il 5 giugno 2018, che proponeva in sostanza la possibilità per gli Stati di sostituire la loro “quota” di migranti con una somma di denaro pari a 35 mila euro per ogni migrante rifiutato. Non un granché come modifica, in effetti.

C’è poi la più importante proposta del 16 novembre 2017, in base alla quale, in sostanza:

“il Paese in cui un richiedente asilo arriva per primo non sarebbe più automaticamente e unicamente responsabile di valutarne la richiesta. I richiedenti dovrebbero invece essere distribuiti in tutti gli Stati dell’UE e sarebbero ricollocati in un altro Stato membro rapidamente e in maniera automatica. In base al testo della relatrice, la liberale svedese Cecilia Wikstrom, gli Stati membri che non accetteranno la loro quota di richiedenti asilo correrebbero il rischio di veder ridotto l’accesso ai fondi UE”.

Il testo prevede tra i vari punti anche un periodo transitorio di tre anni e un meccanismo ‘filtro’ per scremare, tra i richiedenti asilo, quelli con poche chance di vedere accolta la loro domanda. Per questi ultimi la domanda resterebbe a carico del Paese di ingresso, che dovrebbe occuparsi del rimpatrio, con un sostegno aggiuntivo da parte dell’UE.

Insomma: con questa proposta si voleva superare il criterio che permeava il Regolamento, ossia il “Paese di primo approdo“, per passare ad un ricollocamento automatico dei migranti, smistati in maniera equa affidando l’onere di provvedere alla procedura di richiesta asilo a tutti i Paesi proporzionalmente e a prescindere dal luogo in cui questi raggiungessero il continente.

Forse non è una formulazione perfetta, ma avrebbe garantito un sensibile miglioramento della situazione per l’Italia.

Cosa hanno fatto Lega e 5 Stelle per cambiare gli accordi di Dublino

Un principio che condivido, ed è per questo che non ho alcuna remora a dire che, su questo aspetto, concordo pienamente con Salvini. Il problema è: ma Salvini concorda con Salvini?

In via teorica sembrerebbe di sì. In effetti, un preciso punto del contratto di Governo “5 Stelle – Lega” affronta proprio questo aspetto, specificando che tra gli obiettivi di Governo c’è il seguente:

Quindi, sia la Lega che i grillini sono favorevoli ad una proposta come quella già discussa il 16 novembre 2017. Ma cosa hanno votato i due schieramenti, in quella occasione?

Come potete vedere dall’eccellente lavoro di fact checking svolto da BUTAC con questo articolo – e che ringrazio infinitamente – la Lega si è astenuta, mentre il M5S ha addirittura votato contro.

Analizzate le questioni prima di prendere una posizione

Ora vorrei che attivaste i neuroni per qualche secondo e seguiste questo ragionamento semplice. Abbiamo un problema da risolvere, e due “opzioni” possibili per risolverlo:

  • Partecipare assiduamente agli incontri in sede europea per proporre, discutere, emendare e approvare una modifica agli accordi esistenti, per garantire una suddivisone dei sacrifici più equa di quella in vigore, ottenendo aiuti da tutta la Comunità Europea nella gestione di una situazione così complessa e drammatica, ripartendoci anche le spese relative. Eventualmente, denunciare la non volontà degli altri Paesi europei di rivedere quegli accordi di fronte all’opinione pubblica;
  • Ignorare quelle riunioni e non partecipare alla discussione, ma chiudere i porti solo alle ONG e dichiarare di aver ottenuto un ottimo risultato con l’arresto della Rackete, mentre nei 17 giorni in cui la Sea Watch 3 è stata bloccata in mare con 42 migranti a bordo, a Lampedusa ne sono sbarcati altri 312 (quasi 8 volte tanto), molti dei quali saranno a carico nostro, visto che generalmente il 75% non ottiene alcuna protezione.

Peggio ancora, astenersi poi dalla votazione finale per motivazioni come quella fornita alla stampa dallo stesso Salvini:

La Lega si è astenuta “perché peggio di così non può andare”. Non abbiamo l’entusiasmo del Pd e di Fi che hanno votato a favore – dice il segretario della Lega, per giustificare l’astensione – ma siamo consapevoli che dire solo no come fanno i grillini significa solo aiutare il business delle cooperative sull’immigrazione e potenziare l’invasione.

Insomma: dire no fa vincere il no, quindi aiuti il business delle cooperative sull’immigrazione; se ti astieni, il tuo voto non vale quindi vince sempre il no, cioè aiuti il business delle cooperative sull’immigrazione. Ma astenersi è giusto, votare no è blasfemia. La nostra politica sull’immigrazione si basa su questo ragionamento…

Quale delle due ipotesi vi sembra più sensata?

E allora perché la Lega (e i 5 Stelle) fanno la seconda e non la prima? Siamo sicuri che vogliano risolvere davvero il problema, o stanno tentando piuttosto di creare situazioni “sensazionalistiche”, per fare in modo che si continui a parlare di questo problema ma fare anche in modo che non si risolva mai, così da usarlo per fini elettorali?

accordi di Dublino

Mi riferisco in particolare alla pagliacciata di questi giorni, che ha monopolizzato il dibattito sul tema immigrazione: l’arresto della Rackete (peraltro liberata in queste ore) che, giusto o sbagliato che sia, è stato fatto passare per “una vittoria che cambierà la situazione” perché “finalmente l’Italia si è fatta valere”, e a seguito della sua liberazione come una “manifestazione di orgoglio dell’Italia” che ha detto basta ai soprusi europei.

Ma in realtà non si è fatto un bel niente di utile, e non solo perché l’arresto non è stato convalidato, ma perché abbiamo già un’altra ONG pronta a scaricare 40 migranti nelle nostre acque territoriali, e ogni giorno la nostra marina continua a scortare nuovi migranti. Che resteranno qui, perché così dice l’accordo di Dublino che tutti contestano, ma che nessuno vuole modificare.

A Salvini non piaceva il contenuto di quelle modifiche agli accordi di Dublino? Legittimo. Ma allora perché non pensa a proporne lui stesso una, visto che vuole “portare un vento di cambiamento in Europa“? Perché non si attiva nelle sedi competenti, invece di continuare a dire che gli accordi vanno cambiati ma poi invece di cambiarli se la prende con qualche nave di salvataggio?

Ignorare sistematicamente le sedi istituzionali e le proposte che vi vengono discusse per agire sul vero problema e far passare invece per vittoria l’arresto di una tizia coi rasta che portava 40 migranti, vi sembra una strategia lungimirante o semplice propaganda?

Siete davvero sicuri che sia questo il modo di affrontare il problema?

Non rispondete a me, pensateci bene tra voi.

Cosa avete contro i migranti economici?

Un ultimo appunto.

Ormai è diffusa la teoria del “non scappano da una guerra, sono solo migranti economici!”. Cos’è un migrante economico? E’ una persona che sceglie di lasciare un Paese in cui non ritiene di avere prospettive per cercare fortuna da un’altra parte, dove le condizioni sono migliori che a casa sua.

Non è un modo per truffare gli italiani, non è un complotto alla “Piano Kalergi”, non è una strategia ben congegnata e collaudata: è l’istinto di sopravvivenza. Certo: una simile esigenza può essere sfruttata dalla mafia, dagli scafisti, da ONG in malafede per creare un business e non metto in dubbio che in molti casi ciò accada veramente. Ma non è la mafia a creare l’esigenza di quella gente di partire, bensì circostanze più grandi, che rendono l’immigrazione una realtà che prescinde anche da chi poi cerca di sfruttarla.

Chiunque, se ha la possibilità di lasciare un posto senza speranza per andare dove si sta meglio, diventerà un migrante economico. Anche io lo farei; anche voi. E se state davvero male dove siete, lo fareste a prescindere da quello che dice il Ministro dell’Interno del Paese in cui volete andare, a prescindere che questi chiuda i porti, a prescindere dal fatto che che questi vi bombardi coi missili Cruise; anche a prescindere dal fatto che gli scafisti siano d’accordo con le ONG per farvi sbarcare più facilmente. Lo fareste e basta, non avreste alternative. C’è il vostro futuro in gioco, non becere ideologie. Nessuno farebbe un viaggio del genere, se “tutto sommato anche qui si sta abbastanza bene”. Nessuno.

Ribadisco: non sto dicendo che sia giusto, né che sia sbagliato; sto dicendo che è inevitabile. Inevitabile come la morte, le tasse e lo scorrere del tempo. Così come rompere gli orologi non vi renderà immortali, contrastare le ONG non fermerà i fenomeni migratori. Il problema, come visto, è da un’altra parte.

Cosa si deve fare?

E qui chiudo tornando al concetto iniziale: non possiamo fermare i fenomeni migratori, sono molto più grandi di noi. Questi fenomeni sono sempre successi e continueranno a succedere.

Possiamo solo fare le leggi giuste per gestirli al meglio, limitandone i danni e valorizzandone i benefici; prendendo consapevolezza del fatto che siamo di fronte ad un fenomeno globale, che ci riguarda tutti come continente, come civiltà, come esseri umani. E agire di conseguenza, cambiando gli accordi esistenti e creando una struttura efficiente che garantisca soccorso, accoglienza, controllo, ripartizione dei costi e dei benefici, ma anche una seria lotta contro chi si approfitta di questa gente, lucrando sulle necessità altrui.

Gli accordi di Dublino vanno cambiati, perché sono ingiusti verso Paesi come il nostro; gli accordi SAR sul soccorso in mare vanno rivisti e aggiornati, perché sono stati scritti per affrontare il problema degli incidenti in mare, non per gestire un flusso migratorio di queste proporzioni.

Attualmente, normative e procedure specifiche per contenere, gestire e organizzare il flusso migratorio non esistono, e nessuno sembra disposto a sedersi a un tavolo per discuterne. Men che meno Salvini, che è troppo impegnato con la propaganda per mettersi a disposizione del Paese che gli paga lo stipendio.

Il resto sono solo chiacchiere da bar.

P.T.