Come specificato in altri articoli, a fare la differenza tra una teoria scientifica e una antiscientifica non è il risultato in sé, ma il metodo adottato per raggiungerlo.
L’approccio scientifico si muove infatti dai fatti alle conclusioni, mentre quello antiscientifico segue l’iter esattamente opposto. Come diceva il buon K.R. Popper, l’approccio confermativo non è necessariamente scientifico, perché si riuscirà quasi sempre a riadattare la realtà ad una teoria: per assurdo, potrei infatti dimostrare che il Sole non esiste facendo un migliaio di foto di notte e sostenere di avere “migliaia di prove” a supporto della mia teoria.

L’errore di metodo si manifesta palesemente in tutte le teorie antiscientifiche e complottiste che circolano sul web, e per questo, al fine di illustrarvene le falle, proporrò un esempio concreto.

Scie Chimiche: nel link che vi riporto un complottista ha fatto l’analisi chimica di un terreno e ha rilevato la presenza di alluminio pari al 7%. Da questa analisi ha ritenuto confermata la teoria per cui gli aerei contaminino l’atmosfera con l’alluminio. Dove sbaglia il nostro pseudo esperto?

Sbaglia nell’approccio: il fatto che esista alluminio nel terreno non è da sola una prova che dimostra le scie chimiche; ma ovviamente, se per la mia analisi parto dalle conclusioni (cioè dal fatto che le scie chimiche esistono) anziché dai fatti, è perfettamente normale che quel mio preconcetto condizioni gli esiti dell’analisi stessa, perché io non sto cercando “la causa della presenza di alluminio nel terreno”, bensì “qualcosa che confermi che le scie chimiche esistono”. Ciò non ha niente di scientifico, perché qualunque deduzione potrebbe ipoteticamente avvalorare la mia conclusione: se ad esempio trovassi ferro al posto di alluminio potrei dire: “le scie chimiche esistono, ma non spruzzano alluminio, bensì ferro”; oppure, potrei non trovare alcun metallo nel terreno ma concludere che “le scie chimiche esistono, ma l’analisi dimostra che i materiali che spruzzano restano nell’atmosfera e non si depositano a terra”. 
Capite che con questo approccio avrò sempre ragione io, quale che sia la conclusione della mia analisi, perché troverò sempre un modo per adattare la realtà a quello che voglio dimostrare.

Se usassi un approccio scientifico, invece, dovrei partire dai fatti, ossia dalla presenza di alluminio nel terreno pari al 7%, e farmi delle domande del tipo:

a) quale sarebbe la percentuale “normale” di alluminio nel terreno?

b) Se faccio nuovi rilevamenti nelle settimane successive, questa percentuale resta invariata?

c) Ci sono elementi che possono incidere su quella percentuale come precipitazioni, condizioni di quel terreno, giornate ventose che potrebbero aver portato qui l’alluminio da altre parti?

d) C’è per caso una miniera di alluminio nei paraggi?

e) Si è per caso rovesciato un bastimento di alluminio nei giorni scorsi proprio in questa zona? 


E se anche le risposte a quelle domande non portassero verso altre ipotesi e quindi restasse plausibile quella degli aerei, dovrei continuare a fare analisi per capire se la percentuale di alluminio aumenti con l’aumentare del traffico aereo e svolgere altri esami incrociati di questo tenore. 
Di certo, non basta prendere una manciata di terreno, guardarci dentro e urlare “le scie chimicheeee!!!!”…

Peraltro, se il nostro complottista avesse adottato un approccio scientifico si sarebbe evitato un sacco di problemi, perché si sarebbe fermato già alla prima domanda: la percentuale normale di alluminio nel terreno è infatti proprio del 7,6%, essendo l’alluminio il metallo più presente sulla crosta terrestre. La sua analisi non presentava quindi alcun tipo di anomalia (ma lui non lo sapeva!).

Insomma: la scienza, oltre a dare risposte corrette, ti fa risparmiare tempo e fatica.

P.T.