Il caso Vannini ha indignato l’opinione pubblica per la diminuzione in secondo grado delle pene al colpevole da 14 a 5 anni.
Dal punto di vista umano, non posso che indignarmi anche io: dalla dinamica dei fatti che emerge dal processo una condanna ad appena 5 anni è davvero un insulto alla famiglia di quel povero ragazzo, che poteva essere facilmente salvato.

Da giurista, però, ritengo necessarie delle precisazioni da tenere in conto prima di accusare il Giudice di essere “incapace e corrotto“.

Il diritto, soprattutto quello penale, non si basa sull’emotività del momento ma su precise regole ed istituti anche piuttosto complessi per chi non è del mestiere. Provo allora a spiegare in modo semplice la situazione dal punto di vista giuridico e processuale.

In primo grado il sig. Ciontoli è stato condannato per omicidio con “dolo eventuale” per avere, si legge nel capo d’accusa,

”ritardato i soccorsi e fornito al personale paramedico informazioni false e fuorvianti, così cagionando, accettandone il rischio, il decesso della vittima”

Ma cos’è il dolo eventuale?

La definizione giuridica è la seguente:


un tipo di manifestazione del dolo in cui l’agente ha la precisa coscienza e volontà di attuare un evento lesivo e, pur di raggiungere tale scopo – già di per sé illegittimo e illegale – accetta anche che le conseguenze della sua condotta possano essere più gravi di quanto non sia strettamente necessario per ottenere lo scopo primario

Per evitare complesse elucubrazioni giuridiche su questo tema, ritengo sia più utile tentare di spiegare meglio questo concetto ricorrendo ad un esempio.

La mia ragazza, che lavora in un negozio, mi ha tradito e io decido di vendicarmi uccidendola. Valutiamo 2 ipotesi.
Nella prima mi presento in negozio armato, le punto la pistola alla testa e la ammazzo davanti a tutti. Questo è omicidio volontario.
Nella seconda, mi presento davanti al negozio, apro la porta e ci butto dentro un ordigno esplosivo. In questo caso sono perfettamente consapevole che la mia azione non ucciderà solo la mia ragazza, ma anche tutte le persone che ci sono nel negozio: quindi, la mia volontà di ucciderla si porta dietro la consapevolezza che la mia azione ucciderà anche altre persone che non sono l’obiettivo diretto della mia azione, ma accetto questa eventualità. In tal caso sarò processato per omicidio volontario della mia ragazza e omicidio per dolo eventuale di tutte le altre persone.

Ora: nel caso in specie la sentenza di primo grado mi sembra un po’ forzata, perché presuppone un dolo eventuale difficile da dimostrare sulla base delle prove assunte (il dolo deve essere dimostrato “oltre ogni ragionevole dubbio”) ma anche perché l’accettazione del rischio della morte attraverso il ritardo nel soccorso non è semplice da far rientrare in quella fattispecie: il dolo va infatti riferito allo sparo che è l’azione determinante nel cagionare la morte, e non solo alle ulteriori azioni successive che inevitabilmente dipendono da quella.
In secondo grado, infatti, la Corte ha ritenuto che l’omicidio sia stato piuttosto un incidente dovuto ad imperizia o negligenza del sig. Ciontoli perché non ci sono prove concrete che lui volesse davvero uccidere il ragazzo (ci sono anzi argomenti contrari: perché chiamare i soccorsi invece di nascondere il corpo, ad esempio?). Si tratterebbe dunque di omicidio “colposo“.
E per la legge, 5 anni sono la pena massima prevista per questa fattispecie.

E ora voi direte: ma se l’avessero portato subito al pronto soccorso il ragazzo non sarebbe morto, quindi il reo è colpevole anche di omissione di soccorso e il Giudice non ha considerato questo aspetto.
Umanamente vi dico “sì”, ma giuridicamente la risposta è “no“.

Non dovete Infatti dimenticare che il Giudice non può condannare gli imputati per i reati che gli pare, ma è vincolato ai capi di accusa formulati dal PM, e il PM ha chiesto il rinvio a giudizio del reo per omicidio e non per omissione di soccorso.

Del resto, la pena per l’omissione di soccorso è di appena 1 anno, che diventano 2 in caso di morte del ferito, quindi per quel reato avrebbe preso ancora meno anni. Il PM ha rivolto l’accusa di omissione di soccorso solo alla fidanzata della vittima – peraltro assolta – e non per tutti i soggetti coinvolti.

Per queste ragioni, la Corte d’Appello non poteva dare una pena più alta di 5 anni, salvo confermare la fattispecie di dolo eventuale che però, come anticipato e come ritenuto dai giudici di appello, non pare applicabile a questo caso.

È una sentenza che non rende giustizia, lo percepiamo tutti. Ma è stata resa secondo i principi di diritto, perché non esistendo una specifica ipotesi di reato per le dinamiche di questo particolare omicidio, non si può fare altro che applicare una delle fattispecie esistenti, in base ai capi di accusa proposti dagli organi inquirenti.
Si chiama “certezza del diritto”.

P.T.